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Scritti professionali, libri, articoli su tematiche di psicoterapia, casi clinici.

Dal luogo sicuro dentro di sé, come rifugio e ritrovamento interiore, al contatto nella relazione

Un esempio di trattamento psicoterapeutico del funzionamento schizoide. 

Silvia Allari, Milano, Italia, Eugenio Peiro Orozco Alicante, Spagna

Introduzione

E’ mia opinione che ogni persona strutturi uno spazio all’interno di sé, uno spazio per ritrovarsi, incontrarsi, riflettere, sentirsi, o uno spazio per rifugiarsi dalle pressioni delle relazioni esterne, dove creare un mondo a proprio piacimento in cui tutto può essere, dove la fantasia risponde al desiderio e compensa la realtà.
Si tratta di uno spazio privato, intimo, spesso segreto, non condiviso, un luogo sicuro dove si è padroni del proprio regno, ci si raccoglie, si medita o si fugge per proteggersi.

La dinamica del ritiro nel luogo sicuro, intrapsichico, come difesa dalle relazioni, caratterizza in particolare il funzionamento schizoide.

Nell’articolo tratteremo questo tema, lo vedremo nei suoi connotati teorici e, soprattutto, lo analizzeremo partendo dalla pratica clinica, dall’analisi di una sessione di terapia condotta da Richard Erskine e ricevuta da Pablo, collega e paziente.

Qualche parola per chi non conosce Richard Erskine e la Psicoterapia Integrativa.Per dare qualche informazione sull’orientamento citiamo due passaggi presi dal sitowww.integrativetherapy.com.“La parola “integrativa” ha diversi significati. Si riferisce al processo di integrazione della personalità:si tratta di recuperare quegli aspetti disconosciuti, inconsci o irrisolti di sé e renderli parte di una personalità coesa, riducendo l’utilizzo di meccanismi di difesa che inibiscono la spontaneità e limitano la flessibilità nella soluzione di problemi, nel mantenimento della salute, nelle relazioni con gli altri, e così riprendere pieno contatto col mondo. È il processo del divenire un tutt’uno. “La Psicoterapia Integrativa tiene in considerazione diverse teorie sul funzionamento umano. Le teorie psicodinamica, centrata sul cliente, comportamentale, cognitiva, terapia familiare, terapia della gestalt, le psicoterapie corporee, le teorie delle relazioni oggettuali, psicologia psicoanalitica del sé, analisi transazionale, sono tutti approcci considerati nella prospettiva dinamica dei sistemi.Ognuno offre una spiegazione parziale del comportamento ed ognuno si potenzia quando viene selettivamente integrato con altri aspetti dell’approccio del terapeuta.”

Studio la Psicoterapia Integrativa da molti anni, ho frequentato seminari di Erskine in Italia e all’estero.
Trovo questo orientamento evoluto, complesso, molto interessante come approfondimento post diploma di specializzazione, quindi per chi ha già il titolo di psicoterapeuta. Studiare la Psicoterapia Integrativa è stata per me l’opportunità per ampliare i concetti centrali a cui faccio riferimento nella mia pratica clinica e per approfondire una metodologia relazionale in senso profondo: il terapeuta co-costruisce la relazione con il paziente, gradualmente, sintonizzandosi e seguendo il suo ritmo.
Nel mio sito, nella sezione “Psicoterapia/modello e metodo”, ho dedicato un ampio spazio alla descrizione dei concetti che considero centrali nell’orientamento della Psicoterapia Integrativa.
Parlare di teoria e metodologia rimane sempre piuttosto astratto. Per permettere di comprendere i concetti è necessario fare riferimento alla pratica, agli esempi clinici.

“Per questo proponiamo questo articolo con un taglio fortemente concreto e orientato soprattutto al vissuto del paziente (il paziente/collega Pablo).

L’articolo prende spunto da un workshop di Richard Erskine tenutosi a Barcellona.
Lì ho conosciuto Eugenio, il collega e coautore dell’articolo.

Il nostro è stato un contatto a prima vista! Durante la prima pausa stavamo bevendo già un caffè insieme. Il giorno dopo a pranzo scherzavamo come due vecchi amici. Dire che eravamo “connectado”, come dicono gli spagnoli, è dir poco. E’ stato un incontro istintivo, naturale, le parole si sono aggiunte dopo. E’ stato un incontro speciale, di sintonizzazione immediata.
Piano piano abbiamo integrato, all’esperienza professionale, il personale. Abbiamo continuato a scherzare insieme, a condividere il lavoro e la vita. E’ nata un’amicizia preziosa.
E come frutto di questa esperienza di incontro abbiamo deciso di dedicarci alla stesura dell’articolo che state leggendo.

Siamo quindi a Barcellona, è domenica, terzo giorno di workshop, Richard inizia un lavoro di terapia con il collega, Pablo. Intuitivamente sento che sarà una sessione importante e decido di scrivere ogni battuta, quelle di Richard e quelle del collega.
Ne esce un lavoro intenso, profondo. 

Chiedo a Pablo e ad Eugenio di scrivere insieme un articolo: il percorso di terapia al quale ho assistito è un prezioso esempio da condividere con la nostra comunità professionale.
Dal punto di vista metodologico, l’intervento terapeutico, è una danza tra intuizione, comprensione profonda, sintonizzazione evolutiva, traduzione in parole del sommerso legato alla memoria implicita e molto altro. Dal punto di vista del paziente, è il viaggio dentro di sé nella presenza dell’altro, un percorso inedito, che apre a nuove opzioni di contatto con sé stesso e nello stare con l’altro.
Al termine del lavoro chiedo a Richard delle specifiche legate ad alcune scelte che hanno orientato i suoi interventi terapeutici. Con la collaborazione di Pablo e di Eugenio mettiamo insieme le varie parti del lavoro e ne esce l’articolo che state per leggere.”

Un po' di teoria e di osservazione legate alla pratica clinica

di Silvia Allari

L’articolo propone, come tema centrale, il funzionamento schizoide, la dinamica interna e di relazione che, attraverso il meccanismo di difesa della scissione, porta l’essere umano in età evolutiva, a separare il Sé in due parti: una parte “esterna”, accessibile all’altro e una parte “interna”, protetta, segreta. Il ritiro nel luogo sicuro, intrapsichico, nel processo schizoide assolve, come sostiene Winnicott, un’importante funzione evolutiva: preserva l’autenticità del Sé. «Il ritiro schizoide è un modo di comunicare con il “vero Sè” all’interno invece di sacrificare quell’autenticità a interazioni artificiali con gli altri che porterebbe a un “falso Sè” ». (Gabbard p.410).

La ferita del bambino è causata da figure di riferimento invadenti, aggressive, ambigue che definiscono stili di attaccamento insicuro, di tipo evitante, isolato o disorganizzato.

E’ così che i bisogni evolutivi, relazionali del piccolo non vengono corrisposti. In tale situazione di deprivazione il bambino giunge inconsapevolmente a negare l’esistenza del bisogno e, di conseguenza, si distanzia dalle relazioni: crea un mondo interno a sé, sicuro, di fantasia, dove tutto è possibile, dove i sogni si realizzano, il dolore non esiste, dove stare nella calma e nella pace.

L’essere umano è relazionale. «Per poterci completare abbiamo bisogno degli altri. Il bisogno di relazione è un’esperienza primaria che motiva il comportamento umano”. (Erskine 2014)

Entrare in contatto con l’altro è una qualità istintiva della persona, la rinuncia prevede una sofferenza. Nel funzionamento schizoide il ritrovamento dell’altro porta con sé vissuti ambivalenti: la paura di non essere corrisposti nei propri bisogni, ma anche la speranza di poter soddisfare le esigenze relazionali rimaste sospese e venire allo scoperto senza doversi più proteggere nella tana.

Mi dedico allo studio del funzionamento schizoide da parecchi anni. Lo stimolo mi è stato attivato da un seminario di Erskine diversi anni fa, da allora ho approfondito il tema e l’ho tenuto in osservazione nella mia pratica clinica.

Ho rilevato che il meccanismo base del funzionamento schizoide, la scissione del Sé e il rifugio nel luogo sicuro, intrapsichico, rappresenta una modalità difensiva, copionale, di sopravvivenza psicologica molto frequente nei pazienti: la facciata sociale è adeguata, perlopiù aderente alle aspettative altrui e i desideri sospesi si realizzano nella fantasia.

Il bisogno relazionale viene così anestetizzato o soddisfatto nel mondo interno, la “tana” diventa il luogo sicuro, di riposo e fuga, la relazione con l’altro si struttura e procede anche se superficialmente, il rispecchiamento da parte dell’altro è positivo. Tutto apparentemente funziona.

Si crea un equilibrio irrinunciabile, che porta tuttavia a un’inevitabile sofferenza causata dall’abbandono delle relazioni, dalla rinuncia al contatto intimo, pieno, vitale e alla costante sensazione di deprivazione. La scissione del Sé è frammentazione, crea confusione identitaria, sentimenti di solitudine, vuoto.

Generalmente spinte esterne portano il paziente a sentire il disagio e a rivolgersi ad uno psicoterapeuta. Gli stimoli possono essere vari: stati d’asisa e angoscia (ovviamente non tutti i disturbi d’ansia sono collegati al funzionamento schizoide); il suggerimento del capo che lamenta una scarsa collaborazione nel gruppo di lavoro; la difficoltà di mantenere una relazione affettiva: il/la partner si allontana per la percezione di una costante freddezza inspiegabile.

Il lavoro con un paziente con tratti schizoidi è particolarmente lento, graduale.

La fiducia nella relazione è il primo grande traguardo: il terapeuta presente, costante, coerente, sintonizzato, impegnato e dedito alla comprensione del paziente crea la base sicura del lavoro.

Il paziente esce dalla tana intrapsichica, allo scoperto, solo se ha la certezza di potervi rientrare in qualunque momento.

Erskine parla della terapia del gattino selvatico. Avete mai avuto a che fare con un cucciolo di gatto selvatico? Per avvicinarlo è necessario stare fermi davanti al luogo di rifugio, il movimento lo spaventa e lo fa arretrare. Piano, piano, stando fermi, usando un bastoncino, lo si invita a giocare, a uscire dal rifugio e ad avvicinarsi. La possibilità di fuga deve essere sempre disponibile, altrimenti la fiducia viene persa e la relazione interrotta.

Si tratta quindi di un lavoro psicoterapeutico, quello con il paziente con tratti schizoidi, di pazienza, di passaggi lenti, di ritorno all’inizio, di ripartenze, come se fosse da principio.

La terapia porta il paziente a sentire inevitabilmente la verità profonda, a contattare il bisogno relazionale rimasto insoddisfatto. Il contatto con il bisogno che era stato anestetizzato risollecita la sofferenza di allora, la ferita causata dalla mancata presenza delle figure significative, o dell’invasività, dell’ambiguità dei caregivers in età evolutiva. Il lavoro di scoperta di sé, attraverso la fiducia nella relazione terapeutica, porterà a momenti di riedizione della ferita che ha provocato la difesa schizoide, la scissione e il ritiro. Nel percorso psicoterapeutico la ferita andrà vista, disinfettata, curata, fino a giungere ad una nuova decisione copionale: alla fiducia di poter soddisfare il bisogno di stare contemporaneamente con sé e con l’altro intimamente, senza rinunce.

Questo è il caso di Pablo e questa è la dinamica relazionale che si verifica tra Pablo paziente e Richard terapeuta nella sessione di terapia che andremo a presentare.

Pablo, nella sua storia di bambino, ha dovuto rinunciare ad una guida, ad un adulto che lo accompagnasse nei suoi processi di scoperta di sé e apprendimento del mondo. Nessuno era disponibile per lui. Pablo ha così imparato, per sopravvivenza e difesa, a stare solo, nel suo castello e a fare da solo. Spesso si sente ancora oggi incerto quando fa, perché non ha delle basi solide, che solo la vicinanza di un adulto che insegna e fa da modello permette di costruire.

Nella tranche di terapia emerge chiaramente la convinzione copionale di Pablo (“non ho bisogno”, “farò da solo”) e il meccanismo difensivo che lo porta alla scissione e al ritiro nel suo mondo interno. Pablo viene accompagnato da Richard nella definizione e comprensione del proprio funzionamento intrapsichico e della propria decisione copionale di rinuncia. Il terapeuta (Richard) aiuta il paziente a definirsi, a definire, dare un nome a ciò che è accaduto e accade tutt’ora, lo comprende profondamente, lo rispecchia, si sintonizza sul ritmo di Pablo fino ad arrivare a proporsi come guida per lui, una guida che non si sostituisce, che non abbandona e che non invade, una guida che accompagna, insegna e sta al fianco.

Premessa alla prossima parte dell'articolo

Ci prepariamo dunque allo studio del prossimo paragrafo con la tranche di terapia avvenuta tra
Erskine e Pablo.

Abbiamo deciso di organizzare il materiale raccolto e le nostre rielaborazioni nel seguente modo.

Inizieremo con la lettura delle trascrizioni del colloquio così come è avvenuto, affiancato nelle varie battute da specifiche riferite a due piani:

Come primo piano di approfondimento, in corsivo e tra virgolette, riportiamo le considerazioni di Pablo subito dopo la lettura dei verbatim e condivise con me ed Eugenio. In questi punti Pablo specifica il significato che ha avuto il lavoro di terapia rispetto alla conoscenza del suo copione, della sua struttura intrapsichica e del suo funzionamento. Le riflessioni di Pablo, particolarmente importanti in termini di passaggi terapeutici, sono evidenziate nei sette punti numerati.

Come secondo piano di approfondimento, proponiamo la nostra interpretazione degli interventi del terapeuta, indicate CON UNA FRECCIA E IN STAMPATELLO ancora in prossimità dei diversi verbatim.

Nel paragrafo successivo esponiamo le riflessioni che ha maturato il collega/paziente Pablo dopo due settimane dal setting, l’evoluzione che il lavoro terapeutico ha avviato in lui, il significato in termini di consapevolezza, di relazione a sé e propensione alla relazione verso l’altro.

Una postilla importante: Richard Erskine aveva già incontrato Pablo precedentemente nei suoi workshop, pertanto alcune intuizioni nascono dalla conoscenza pregressa anche se non approfondita.

La sessione di terapia

Legenda:
P: paziente, Pablo
T: terapeuta, Erskin

Inizia il lavoro, il gr ppo di colleghi partecipanti al workshop è seduto in cerchio, Pablo si alza e siede davanti a Richard.

P. Non ho pensato a nulla

1. “E’ stato un punto centrale, non mi ero preparato, non avevo pensato ad un tema come spesso succede quando ci si propone come paziente in un workshop. E’ stata la condizione che mi ha permesso di essere lì, di stare nel presente, di entrare dentro me stesso, in contatto con me senza darmi un compito. Semplicemente stare.

T. Chiudi gli occhi e guardati dentro. Ti ascolto, anche se stai in silenzio ti ascolto. Avrai la mia attenzione piena, non dovrai produrre nulla. Ti ascolterò. Penso che tu abbia molto dentro, cose che sono difficili da dire perché hai la sensazione che verranno criticate.

➔ ERSKINE ACCOMPAGNA PABLO NEL CONTATTO INTERNO DICHIARANDO LA SUA PRESENZA E ATTENZIONE SENZA LA RICHIESTA CHE PABLO STESSO PRODUCA QUALCOSA.

P La mia testa è come se tremasse.

“E’ come un’elettricità, come se il cervello tremasse, mi sento così quando sto specialmente bene, è una reazione all’introduzione di Richard, perché mi propone la possibilità di essere veramente me stesso e immediatamente il corpo risponde.”

T. Sta tremando

 IL TERAPEUTA RIAFFERMA IL CONTATTO “TI VEDO, SONO QUI PER TE”.

P. Prima sentivo un dolore qui (indica il petto)

“I sentimenti erano duplici, la testa che trema per la possibilità di ascolto e di contatto senza prestazione e di ascolto, presenza; il petto che duole “essere in contatto può essere rischioso”.

T. Prenditi il tuo tempo. Non devi stare solo. Hai speso molto tempo solo nella tua vita.

Il tuo corpo sta raccontando una storia. Anche la tua espressione del viso la sta esprimendo. Solo, nel tuo luogo privato. E’ così privato che è difficile parlarne. E’ sempre difficile mettere le parole soprattutto se pensi che non ti capiranno.

2. Wow! Sta mettendo in parole quello che io penso, che sento e che non sono in grado di dire, non ho le parole per dirlo. Mi sento perfettamente compreso, posso entrare nel mio posto ma da solo, Richard legge il mio bisogno di sperimentare il mio funzionamento”.

➔ RICHARD RENDE CONSISTENTE LA MEMORIA IMPLICITA. LA MEMORIA PRENDE FORMA, SI CONCRETIZZA IANO, IDENTIFICANO LA STORIA E L’ESPERIZA INTIMA DI PABLO.

P. La sensazione è che se chiedo non l’avrò, allora ci rinuncio e rimango dispiaciuto…quello che

chiedo non lo avrò.

LA SINTONIZZAZIONE, IL CONTATTO INSTAURATOSI FIN DALL’INIZIO DEL COLLOQUIO PERMETTONO AL LAVORO DI ANDARE IMMEDIATAMENTE IN PROFONDITA’. IL PAZIENTE COMINCIA A FIDARSI E SEGUE IL TERAPEUTA.

T. E sarò criticato?

P. Sì, certo, non compreso, frainteso.

“In quel momento mi sentivo strano, in contatto con me stesso, in relazione con Richard e nel gruppo che mi ascoltava, un’esperienza tutta nuova!”

T. Strano, come?

P. E’ meglio non dire.

T. E’ un’importante conclusione: è meglio non parlare, non condividere per non essere criticato e non compreso.

3. “Si tratta esattamente di questo: più che parlare, il mio problema è condividere, parlare di me. In tutta la sessione mi sento combattuto tra il desiderio di mettere in comune e la paura di essere frainteso, criticato”

➔ RICHARD COMPRENDE ED ESPLICITA LA CONCLUSIONE DI COPIONE. PABLO SI SENTE ULTERIORMETE VISTO, RISPECCHIATO, COMPRESO, ACCOMPAGNATO.

P. E’ famigliare stare qui dentro.

4. “Sto facendo un’esperienza unica per me, posso stare dentro di me e, contemporaneamente, farmi accompagnare, essere in relazione e condividere. E’ una condizione rassicurante, mi esprimo ma non sono nella prestazione, il ritmo è lento, il terapeuta mi accompagna”

T. Per questo lo chiamano il posto sicuro.

➔ IL TERAPEUTA SI SINTONIZZA SUL RITMO DEL PAZIENTE, CONFERMA, MENTALIZZA, DEFINISCE POSITIVAMENTE IL LUOGO INTRAPSICHICO, DI PROTEZIONE DI PABLO.

P. Ci sono molte cose qui. Ci sono più cose qui che nella vita, la fantasia, il mio spazio, l’immaginazione.

“Non potrò avere quello che voglio dall’esterno, ma sono autorizzato ad avere quello che desidero dentro di me con l’immaginazione, la fantasia”

T. Soprattutto se non vengono espresse. Ancora speri che apprezzino quello che hai dentro. “Erskine mi aiuta ancora definendo, dando parole alla mia esperienza che era per me solo qualcosa di percepibile nelle sensazioni, ma senza parole”

P. Ho ancora la speranza. Fa paura, ho anche la paura.

T. Sarebbe importante che l’altra persona ascoltasse con interesse.

“Sta descrivendo perfettamente quello che provo dentro!”

➔ ERSKINE PROSEGUE CON L’INTERVENTO DI RISPECCHIAMENTO E MENTALIZZAZIONE.

P. Ho imparato a non ottenerlo.

5. “In questo punto sento di comprendere profondamente il mio percorso copionale, di comprendermi, finalmente!”

 IL PAZIENTE COMPRENDE LA PROPRIA DECISIONE DI COPIONE, PASSAGGGIO IMPORTANTE PER POTER RIDECIDERE UNA SOLUZIONE PIU’ FUZIONALE AL BENESSERE DI OGGI.

T. Hai imparato a non avere il bisogno.

“In effetti è così, non avevo pensato che riguardasse anche il bisogno”

 ERSKINE SPECIFICA, CHIARIFICA IL BISOGNO ORIGINARIO E AIUTA PABLO A DEFINIRSI.

(Il paziente sposta la testa verso destra)

T. Forse la soluzione è meglio di non essere compreso, è meglio sentirti solo. Tra il non essere compreso e sentirti solo hai scelto di sentirti solo.

“Sento lo stress, la paura, Richard mi accompagna gentilmente”

➔ ERSKINE CHIARIFICA ULTERIORMENTE LA DECISIONE DI COPIONE, LA DECISIONE DI SOPRAVVIVENZA.

P. Ho dovuto sperare per molto tempo.

T. Un desiderio perduto. A volte quando le persone perdono il loro desiderio le chiamano disperati.

P. Io anche.

T. Voglio capire la perdita del desiderio. Immagino che riguardi molti, molti anni.

P. Mi viene in mente la vergogna.

T. Quando la vergogna fa stare zitti. La vergogna non ci permette di parlare tranquillamente.

P. Credo che cercavo di evitare la critica.

T. Più che criticato penso alla parola umiliazione.

“Si, mi corrisponde, è un livello più profondo della critica”

T. E qualche volta non c’è una forma di protesta. Nascondersi è una buona cosa quando pensi che verrai umiliato. E’ importante nascondersi, senza critica, tutto è quieto. La memoria della critica. La memoria dell’umiliazione.

➔ ERSKINE COMPRENDE E CHIARIFICA IL PERCORSO CHE HA PORTATO PABLO AL RITIRO DALLA CREAZIONE DEL POSTO SICURO ALL’INTERNO DI SE’.

P. Questa è stata la mia vita, di stare qui dentro.

T. Lo so, hai passato 5 anni a dimostrarmelo e ancora non ti conosco, ma voglio farlo.

P. Ora voglio cambiare. Voglio uscire dall’interno ma sento molta vergogna.

T. Si, certo.

P. Mi paralizzo.

T. Puoi descrivermi quello che senti. Il mondo è fuori di te ma non puoi toccarlo con la mano.

P. Sto cambiando, sto facendo tante cose, ma penso anche che ci sono tante cose che non posso fare.

“Cambia il piano, arriva nel qui ed ora e questo ha un forte impatto per me

T. Che non puoi o che non sai?

P. Non so perché non posso.

“E’ stata una chiarificazione fondamentale, proprio così, non posso fare perché non so farlo”

T. Ci vorrebbe qualcuno con più esperienza che ti insegna ad andare in bicicletta. La cosa migliore è avere un insegnante.

6. Richard mi mostra la via per ridecidere, partendo dalla mia esperienza definisce ciò che può servirmi per soddisfare il mio bisogno di fare: avere una guida.

P. Ho sempre desiderato una guida. La mia sensazione è di arrivare sempre tardi nelle cose.

T. Quando ti guido in questo dialogo tra noi i tuoi occhi si illuminano.

P. Si, è così.

T. A me, per esempio, piace viaggiare ma non da solo. Penso sia un bisogno naturale.

P. Per me venire al workshop è parte di questo, è una guida più chiara.

 PABLO DICHIARA CHE STA CAMBIANDO E LA SUA INCOMPETENZA RISPETTO AD ALCUNI ASPETTI DEL FARE. RICHARD GLI FA DA GUIDA, LO ACCOMPAGNA NELLA COMPRENSIONE DI COME FARE LE COSE.

T. Come descriveresti il tuo modo di studiare?

“Richard diventa concretamente il mio insegnante, la mia guida”

P. Ho bisogno di vedere e provare per poter ripetere.

T. Quindi il tuo apprendimento è pratico, mettere dentro le mani.

➔ IL TERAPEUTA METTE IN PAROLE IL BISOGNO DEL PAZIENTE

P. Con questa formazione l’ho ottenuto. Lo stesso per praticare sport.

P. Per me la cosa più importante è fare degli errori. Per me è importante che tu mi dici questo è l’errore, trova la forma differente, ho bisogno di una guida.

T. E chi non ha capito che avevi, che hai bisogno di questo?

P. Mio padre, i miei insegnanti, i miei amici, i miei fratelli. L’ho imparato da solo.

T. Prendi qualche istante e torna dentro il tuo posto silenzioso.

7. Un altro momento molto significativo, in effetti ero stanco, sentivo il bisogno di riposare.

 IL TERAPEUTA CHIUDE LA GESTALT, HA ACCOMPAGNATO PABLO IN UN VIAGGIO DI SCOPERTA DI SE’ E ORA LO RIACCOMPAGNA “A CASA”, NEL SUO POSTO SICURO. RICHARD SOTTOLINEA, IN QUESTO MODO LA BONTA’, LA NECESSITA’ E LA FUNZIONE POSITIVA DEL LUOGO INTRAPSICHICO COME LUOGO SICURO, DI PACE, RACCOGLIMENTO.

T. Io sono qui. Sto pensando che forse stiamo andando troppo forte e che forse voglio trovare il ritmo corretto. Hai la mia piena attenzione.

P. Ora sto bene Richard.

T. Sentirsi bene.

P. Non sento il bisogno di parlare.

T. Ma hai bisogno che io ti capisca, che ti apprezzi per la tua originalità. E hai bisogno che io non ti critichi, che non ti definisca falsamente. E hai bisogno di definirti, di esprimerti. E questo è un bisogno di tutti noi.

“Sta dicendo, come all’inizio, quello che ho bisogno di sentire”

 IL TERAPEUTA RICONOSCE E NORMALIZZA IL BISOGNO.

P. Ultimamente sto pensando che chiedo di essere accettato, ma prima devo accettarmi io. Prima devo definirmi, chiedermi cosa voglio da me.

T. Esprimere la tua personalità ed essere accettato.

P. Mi sembra impossibile. Però ora lo vedo.

T. Puoi dare il nome al bisogno.

P. a 13 anni ero con i miei amici e non sapevo quali persone mi piacevano, era impossibile. Ora lo so.

T. E’ un gran passo.

P. Per me sì.

T. Ho visto che eri in difficoltà quando ti ho chiesto quale musica ti piaceva.

P. Sì, sono domande personali. Per me la musica non è una canzone ma tutta la storia che mi ha portato a scegliere quella canzone.

T. Puoi dirmi quale canzone ti piace? Poi io ti dirò quale piace a me.

P. Selve oscure.

T. E’ un’aria?

P. Si. Stavo preparando un concerto di Cajkovskij con i ragazzi

T. La musica è la metafora delle sensazioni interne

Il terapeuta chiede al gruppo di mettere la musica e di ballare. Il gruppo si anima e balla, Pablo si alza e balla con il gruppo.

➔ IL BALLO, AL TERMINE DEL LAVORO, COME METAFORA DEI VARI PERMESSI SPERIMENTATI, MA NON COME REALTÀ:
“PUOI MUOVERTI CON LIBERTÀ”.
“È BELLO CHE TU STIA AL PASSO CON IL TUO CORPO”.
“È UN BENE CHE TU CHIEDA L’AIUTO DI CUI HAI BISOGNO. E’ BELLO CHE CERCHI PERSONE CHE SANNO PIÙ DI TE, CHE TI INSEGNINO A BALLARE DIVERSI STILI, COSE DIVERSE”.
“È BELLO CHE TU MOSTRI QUELLO CHE ESCE DA TE. PUOI MUOVERTI LIBERAMENTE”.

Le considerazioni di Pablo dopo due settimane dal lavoro di terapia

Dopo quattordici giorni dal lavoro con Erskine, Pablo annota come il processo terapeutico ha lavorato dentro di se.
Ne conclude un’apertura a nuovi permessi legati allo stare con sé e in relazione, permessi che sente stanno prendendo sempre più spazio e si stanno sedimentando nel modo di relazionarsi al suo mondo interno ed esterno.
Le riflessioni di Pablo, condivise e sviluppate con me ed Eugenio, permettono di chiarire e approfondire l’impatto che il lavoro di terapia ha avuto sul funzionamento di Pablo, verso di sé, verso il terapeuta e verso il gruppo di colleghi, quindi verso il mondo.
L’impatto del lavoro ha stimolato e avviato una nuova apertura di copione, una ridecisione significativa: “voglio cambiare e posso farlo con l’aiuto di una guida che mi accompagni, che mi insegni dove io non sono capace”.

In particolare, il lavoro di terapia ha permesso:

  1. L’esperienza di contatto con il Vero e con il presente, nel qui ed ora:
    “accettare ciò che accade lì, in quel momento, improvvisare, sperimentare, nella terapia e nella vita”.

  2. L’esperienza di agire il proprio processo interno di ritiro nella presenza dell’altro, avendo l’altro (il terapeuta) come testimone:
    “ritirarmi nel mio posto sicuro e stare bene così. Accettare, con curiosità, quello che succede. Posso spaventarmi all’inizio e questo è quello che mi dicevano le mie sensazioni fisiche, poi so che posso tranquillizzarmi, così come mi è successo nella seduta con Richard”

  3. L’esperienza di accettazione di un con due “anime”, la parte che necessita di stare ritirata e la parte disponibile alla relazione. Il terapeuta normalizza e rassicura:
    “il mio modo di essere, di stare dentro e fuori, va bene, non devo escludere una parte”

    Alla luce delle esperienze precedenti si attivano ulteriori permessi interni che Pablo ci racconta:

  4. Esprimere il desiderio di cambiamento
    “la consapevolezza e l’accettazione del funzionamento interno mi permette di scegliere e di affermare che voglio cambiare, non voglio essere così sempre”

  5. Avere una guida che accompagni nel cambiamento
    “realizzo che voglio cambiare ma non so come farlo, ho bisogno di un maestro che mi aiuti a trovare il modo di fare le cose come voglio io e non come prima che facevo cercando di imitare quello che facevano gli altri per far parte del gruppo”

  6. Condividere con il gruppo, con il mondo esterno
    “quando realizzo che non c’è niente che non va in me, che è un processo normale, non mi vergogno più e lo posso condividere con il gruppo senza la vergogna di sentirmi inadeguato”

  7. Manifestare l’interezza del
    “quando realizzo che sono ok, posso andare nel mondo e prendere quello che mi serve in un modo differente, so che posso essere me stesso, non devo nascondermi”

E ancora Pablo aggiunge come commento complessivo “è’ stato un lavoro faticoso e importante. Sentivo una tensione costate, mi sentivo sicuro ma mi serviva gradualità per aprirmi. L’apertura deve seguire vari passi, non è una chiave magica che, una volta acquisita, apre tutte le porte. Ci sono tante chiavi e, ogni volta, il processo parte dall’inizio e va cercata una nuova chiave, lentamente, piano, piano per rispettare il processo interno e non invadere”.

Conclusioni

Il lavoro di terapia che abbiamo presentato e analizzato è di “alta gioielleria”, è secondo noi, di alta qualità umana e professionale.
Un lavoro di co-costruzione della relazione prima di tutto, di incontro profondo tra terapeuta e paziente. Il terapeuta costruisce la relazione seguendo e rispettando il ritmo del paziente e aiutandolo a definire, mentalizzare e accettare il proprio funzionamento e le proprie decisioni copionali.
Il ritmo è lento, graduale, il paziente ha il tempo di incamerare e decidere se e come rispondere agli stimoli del terapeuta. Assistiamo ad una cauta e progressiva uscita dalla tana da parte del paziente: Pablo si sente visto, compreso e piano, piano si fa accompagnare nella definizione della decisione copionale trappola (“devo fare da solo, non c’è nessuno per me”) per giungere ad un’importante ridecisione: “voglio cambiare e voglio essere accompagnato nel cambiamento, ho bisogno di una guida”.

Il lavoro terapeutico a livello relazionale, la presenza empatica, alla giusta distanza, l’indagine, senza pressioni e richieste, hanno fornito al paziente una serie di permessi rimasti sospesi nella sua storia evolutiva: il permesso di accettare le sue due “anime”, quella ritirata, intrapsichica e quella di relazione all’altro da sé, di poter condividere con il mondo il suo funzionamento e i suoi bisogni, per arrivare quindi a chiedere ciò che necessita.
Il lavoro di psicoterapia si innesca nel momento evolutivo, storico in cui si è verificata l’interruzione di contatto tra paziente e caregivers e riattiva il percorso di crescita interrotto: il terapeuta prende per mano il paziente, il paziente gradualmente acquisisce fiducia e ricontatta il bisogno rimasto sospeso (ho bisogno dell’altro per crescere, per imparare) e si fa accompagnare. Il terapeuta per primo diventa la guida, altre figure di riferimento nel mondo esterno potranno poi proseguire l’accompagnamento.

Scrivere questo articolo è stato per noi un percorso intenso, complesso, interessante, coinvolgente ed emozionante per tutti e tre.
Insieme ci siamo commossi, incoraggiati per poter portare al termine questo lavoro.
E’ stato un viaggio, per ognuno, all’interno di sé e nella relazione, un viaggio terapeutico, di approfondimento personale e professionale.

Ringrazio i miei amici, colleghi, Pablo ed Eugenio, per questa preziosa occasione. Il nostro rapporto si è approfondito, nel lavoro e nella vita.
Abbiamo lavorato tanto, ma l’impegno ci ha portato ad un risultato che, già nel percorso, è stato proficuo, un dono.

Speriamo che possiate beneficiare di questo lavoro, è stato interessante da costruire e complesso insieme, non ultima per le varie traduzioni di lingua che abbiamo fatto per comprenderci.

Visto che l’obiettivo del lavoro è la condivisione, saremo lieti di ricevere un vostro riscontro, trovate le nostre mail nello spazio delle nostre presentazioni.
Per un approfondimento sul funzionamento schizoide e su alcuni concetti teorici e metodologici citati nell’articolo, fate riferimento alla bibliografia.
Il nome del collega oggetto della terapia (Pablo) è inventato e il collega stesso chiede di rimanere anonimo nell’articolo.

Buona lettura.
Silvia, Eugenio, Pablo

Silvia Allari, Psicoterapeuta individuale e di gruppo e Didatta per psicoterapeuti.
Orientamento Analisi Transazionale e Psicoterapia Integrativa con riferimenti alla Bioenergetica. Milano, Italia.
Sito web: www.silviaallaripsicoterapia.it
E-mail: allari.silvia@gmail.com

Eugenio Peiro Orozco Psicoterapeuta. Orientamento Analisi Transazionale e Psicoterapia Integrativa. Alicante, Valencia, Spagna.

Revisori dell’articolo: Marta Schicchitani e Barbara Revello.
Alle due colleghe i nostri ringraziamenti per il loro preziosissimo e indispensabile contributo nella correzione e chiarificazione di alcune parti dell’articolo.

Bibliografia

• Erskine Richard “The schizoid process”, Transactional Analysis Journal, Vol. 31, N.1.
• Erskine Richard “Copioni di vita e pattern di attaccamento: integrazione teorica e coinvolgimento terapeutico” libera traduzione dal Transactional Analysis Journal, Vol. 39, N.3.
• Erskine Richard (1988) “Ego structure, intrapsychic function, and defense mechanisms: A commentary on Eric Berne’s original theoretical concepts, Transactional Analysis Journal, Vol. 18, N.1.
• Erskine Richard, Seminario romano “Il processo schizoide”, 4 e 5 ottobre 2014. Appunti e registrazioni di Silvia Allari.
• Erskine “Richard Relational Patterns, Therapeutic Presence”, Karnac ed., 2015.
• Erskine Richard, R.G., Moursund, J.P. & Trautmann R.L. “Beyond Empathy: A Therapy of Contact-in-Relationship”. Brunner/Mazel ed., 1999.
• Erskine Richard “Copioni di vita e pattern di attaccamento: integrazione teorica e coinvolgimento terapeutico” libera traduzione dal Transactional Analysis Journal, Vol. 39, N.3.
• Erskine Richard (1988) “Ego structure, intrapsychic function, and defense mechanisms: A commentary on Eric Berne’s original theoretical concepts, Transactional Analysis Journal, Vol. 18, N.1.
• Glen O. Gabbard “Psichiatria psicodinamica”, Raffaello Cortina editore, 1992.
• Lingiardi Vittorio, McWilliams Nancy “PDM-2 Manuale Diagnostico Psicodinamico”, Raffaello Cortina ed., 2018.
• DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Raffaello Cortina ed., 2014
• Diversi autori “Competenze psichiatriche nella formazione medica”, Editeam gruppo editoriale, 1997.
• Ray Little, “The schizoid processes: working with the defenses of the withdrawn Child Ego State”, Transactional Analysis Journal, Vol. 31, N. 1.
• Wallin David J., “Psicoterapia e teoria dell’attaccamento”, Il Mulino, 2007.
• Mahler Margaret e Fred Pine Bergman, “La nascita psicologica del bambino”, Boringhieri ed., 1978.
• O’Reilly-Knapp, M. & Erskine, R.G. “ The Script System: An Unconscious Organization of Experience”. In R. G. Erskine (Ed.), “Life Scripts: A Transactional Analysis of Unconscious Relational Patterns”, Karnac ed.2010.
• Novellino Michele “Psicologia clinica dell’Io”, Astrolabio ed.,1991
• Moiso C. e Novellino M. “L’Approccio clinico all’Analisi Transazionale”, Franco Angeli, 1998.

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