Didattica e Clinica per Psicoterapeuti
Dopo l’acquisizione del titolo di psicoterapeuta si comincia a praticare, a prendere in carico persone sofferenti. La responsabilità è importante e richiede un costante confronto professionale, uno studio continuo e una psicoterapia periodica che riguardi il terapeuta stesso.
Le mie proposte:
Psicoterapia di gruppo per
psicoterapeuti.
L’analisi delle difficoltà dello psicoterapeuta nella conduzione dei propri casi clinici attraverso l’analisi del terapeuta stesso. Conoscere la pratica vedendo e attraversando la conduzione.
Seminari e approfondimenti teorico/clinici.
Conoscere nuovi orientamenti teorici, una nuova pratica metodologica in relazione all’approfondimento di diverse tematiche cliniche.
A chi mi rivolgo
Ai terapeuti di tutti gli orientamenti che sentano la disponibilità ad aprirsi alla psicoterapia, che nutrano il desiderio, la curiosità di affacciarsi a nuovi orizzonti, che ritengano centrale il confronto e lo scambio.
Mi rivolgo quindi a colleghi che condividano i principi di base che orientano le mie proposte in ambito clinico e didattico.
Il setting delle proposte
Il piccolo gruppo permette il coinvolgimento, la partecipazione di tutti i terapeuti, uno scambio intimo e un lavoro approfondito.
L’obiettivo è che ognuno porti con sé una nuova consapevolezza, personale, relazionale, professionale
I “perché” delle mie proposte
Confrontarsi con altri punti di vista
Il lavoro di psicoterapeuta è di per sé piuttosto solitario, incontriamo i nostri pazienti, nel setting individuale e di gruppo, dedichiamo tempo alla stesura delle note di terapia, alle riflessioni sul caso.
Anche se con una adeguata preparazione, con una formazione completa e ufficiale (diploma di Scuola di Specializzazione riconosciuta dal MIUR, Ministero dell’Istruzione), quindi autonomo nel suo procedere professionale, ogni terapeuta può sentire la necessità di confrontarsi con il parere di altri colleghi, di aprirsi a differenti ipotesi diagnostiche e di trattamento. Il confronto è sempre importante, ma risulta indispensabile soprattutto per i casi che il terapeuta considera complessi da trattare, per i momenti di impasse nel percorso con il paziente, per le situazioni che coinvolgono personalmente il clinico tanto da rischiare di fargli perdere il ruolo e la lucidità professionale.
Attraversare sé per accompagnare l’altro
Molte Scuole di Psicoterapia prevedono l’analisi personale. Molti terapeuti, una volta ottenuto il titolo, hanno già seguito un percorso di psicoterapia. Nonostante ciò, il lavoro di terapia dovrebbe mantenersi costante per il terapeuta, periodicamente presente. La responsabilità del ruolo prevede che il terapeuta stesso, con una certa frequenza, si sieda dall’altra parte della sedia e si richieda un nuovo momento di revisione di sé, di confronto intimo e profondo.
Inoltre, le situazioni di terapia complesse hanno spesso a che fare con la storia del clinico, con momenti sensibili di vita, con situazioni evolutive “fissate”, collegate ad esperienze traumatiche, di sofferenza.
Se la ferita del terapeuta rimane aperta, si manterrà uno scoglio, un elemento di interferenza nel lavoro. Quando invece il clinico sceglie di farsi accompagnare a livello terapeutico, permette alla sua ferita di evolvere, guarire e diventare una parte della sua specialità, della sua sensibilità.
Un esempio: uno psicoterapeuta con una storia di una madre alcolista potrà trovare molto complesso il trattamento di pazienti con tale disfunzionalità. I pazienti possono rievocare nel clinico, soprattutto inconsapevolmente, il ricordo di situazioni di cure parentali estremamente carenti, di scarsa sintonizzazione materna, di rinuncia da parte del bambino alla spensieratezza infantile e alla necessità di prendere il ruolo adulto e di guida lasciato vacante dalla madre. L’attraversamento terapeutico del dolore antico e profondo del terapeuta e l’integrazione dell’esperienza nel Sè di oggi, rendono il clinico sensibile e competente, prima di tutto di sè, quindi del paziente e non più inconsapevolmente in preda alla sofferente subita.
Aprirsi a nuovi orizzonti
Conoscere nuovi stili di fare terapia, integrare al proprio modello di base nuovi orientamenti teorici e metodologici, permette allo psicoterapeuta di rimanere aggiornato, di rinnovarsi, crescere.
Apprendere osservando
Imparare la pratica terapeutica osservando il terapeuta, il conduttore del gruppo, mentre lavora, mentre fa terapia, è una via molto efficace per entrare nel vivo di un nuovo stile e un nuovo orientamento terapeutico. Lo spazio dedicato alla teoria del modello e alla teoria della metodologia è importante, ma più efficace è vedere in diretta come si fa, come può essere il lavoro di terapia condotto da un collega senior.
Garantire la privacy dello psicoterapeuta
Fare terapia di gruppo per gli psicoterapeuti richiede un contesto estremamente privato, che solo il gruppo di colleghi può garantire. Ogni gruppo di terapia ha come vincolo la riservatezza del materiale che emerge, ma avere la garanzia che non esistano dei legami di amicizia o parentela tra le persone presenti nel gruppo e i pazienti seguiti in terapia facilitano il viaggio del terapeuta all’interno di sé. Perché? La conoscenza delle questioni intime, personali del terapeuta interferiscono con lo spazio pulito, neutro che è opportuno caratterizzi la relazione tra paziente e terapeuta. Quando il paziente incontra il terapeuta deve poter beneficiare di uno spazio relazionale nuovo, a sé dedicato e che si mantenga tale per tutto il percorso. Conoscere informazioni intime del terapeuta, direttamente o attraverso amici o conoscenti, può vanificare il setting.
La terapia di gruppo tra colleghi non richiede invece questo vincolo, è libera e garantisce al terapeuta la piena espressività e l’approfondimento nella ricchezza della relazione con l’altro.
Iscrizioni via mail qui silvia@silviaallaripsicoterapia.it
11 e 12 Marzo 2023
Iscrizioni fino al 14 Gennaio 2023 via mail qui silvia@silviaallaripsicoterapia.it
1 e 2 Ottobre 2022
Iscrizioni fino al 15 luglio via mail qui silvia@silviaallari.it
Iscrizioni chiuse.